Sunday, July 26, 2009

ALBANESE
















































































































A
ALBANESE ROMA

Il marchio Albanese nasce nel 1925 a opera del fondatore Armando Albanese che iniziando l’attivita’ come hobby, grazie al successo ottenuto, impianta una vera e propria impresa manifatturiera. Durante il secondo dopoguerra la creazione del famoso sandalo con il sughero rappresenta per Albanese il primo grande boom sia di vendite sia di immagine. La ragione del successo stava nel confezionare un prodotto che avesse un mercato e che nello stesso tempo contenesse un’ idea-moda, tutto questo negli anni quaranta ancora lontani da quello che sara’ il futuro pret-a-porter.
Nel 1950, Enzo Albanese assume la direzione della ditta e strategicamente in quegli anni, apre la prima boutique in Via Lazio, a due passi dal cuore cine-commercial-mondano della capitale, e grazie alla creativita’ della moglie, Teresa, che disegnando e firmando per la prima volta le calzature, fa si che esse non siano piu’ semplicemente accessori ma prezzi di una vera e propria collezione di Alta Moda. Le scarpe Albanese quindi cominciano a “fare tendenza”. Negli anni 50’ Enzo Albanese crea il primo tacco a spillo poi riprodotto e adottato da decine di couturier della calzatura. Ma il tacco a spillo non e’stata l’unica innovazione che ha fatto tendenza, la creativita’ della maison si e’ spinta oltre creando diversi tacchi inediti, come il tacco bussola, il tacco Hula hop, il tacco con orologio in oro zecchino.
L’archivio storico di Albanese oggi conta piu’ di 1000 modelli originali,
Le creazioni Albanese sono esposte nei maggiori musei internazionali, come lo stiletto sbieco donato da una cliente al Moma di New York,
La maison Albanese e’ stata presente nelle maggiori citta’ del mondo, esattamente in 32 Paesi attraverso vari esclusivisti e boutiques Albanese a Roma, Portorotondo, Bangkok e New York, e numerosi “sale corner” in altrettanti department stores.

www.albaneseroma.com


scritto da: Clara Tosi
fotografie di: Manuela Tognoli

Wednesday, March 18, 2009

ARCHIVI DELLA MODA




























































La moda non è solo glamour, effimero, lusso, ma un grande patrimonio del nostro Made in Italy che rappresenta storia, cultura ed eccellenza artigiana. 

L’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) insieme alla Direzione Generale per i Beni Librari e la Direzione Generale per l’Organizzazione e l’Innovazione del Ministero dei Beni Culturali, considerata l’importanza della moda come  sistema culturale con il suo patrimonio storico e sociologico, sta creando una rete di addetti ai lavori che possano fornire informazioni per censire tutti quei luoghi: botteghe artigiane, laboratori, sartorie di moda e sartorie cineteatrali, che hanno contribuito nel tempo all’affermazione di quella eccellenza artigiana italiana nel mondo che oggi è chiamato Made in Italy.

Ognuna di queste realtà, più precisamente quelle che sono riuscite con grande sforzo a conservare nel tempo e a proprie spese il proprio patrimonio, potrà  dare testimonianza del valore storico, economico e sociologico della moda. L’intento è quello di censire, catalogare, archiviare, avviare il loro recupero e valorizzazione, raccogliendo i dati in un grande contenitore che ha preso il nome di “ARCHIVI DELLA MODA DEL ‘900”, di tutte le meraviglie che sono state conservate in questi anni in magazzini, laboratori, sartorie.

Questo ci sembra un obiettivo eccellente, ma l’applicazione sarà certamente più complicata. Gli immensi spazi dove sono custoditi centinaia e migliaia di abiti, costumi e oggetti accumulati in anni di lavoro, ricerca e studio sono al momento affidati alla memoria storica dei loro custodi che per anni hanno spostato, curato e catalogato nella loro memoria ogni singolo pezzo con i suoi aneddoti e la sua storia. Ognuno di loro sa perfettamente dove si trova, chi lo ha disegnato, come si indossa, da quali pezzi è composto, per quali opere o film è stato utilizzato e da chi è stato indossato ogni abito, costume o accessorio; difficilmente senza l’apporto fondamentale di questi testimoni, persone seppur preparatissime nell’archiviazione di beni importanti, potranno riuscire in questa impresa.






































scritto da: Maria di Napoli Rampolla



Thursday, March 12, 2009

STUDIARE LA MODA? SI, MA ANCHE CON GLI UOMINI D'AZIENDA

E’ certo difficile gestire la settimana dell’alta moda romana aspettando che tornino i grandi nomi e che rinasca l’epoca d’oro della couture capitolina.
Ma gli anni d’oro sono stati i Cinquanta e i Sessanta, già nei Settanta cominciava a delinearsi il tramonto della alta moda romana. E il tempo è andato e non torna, almeno per ora.
Dal momento che i nomi di chi sfila sono sempre gli stessi per l’impossibilità di bombardare il calendario con griffe altisonanti, è spostando l’attenzione sui collateral, e ideandone di innovativi, che la
presidenza Fiorucci può dare valore aggiunto a una manifestazione dal format ormai consolidato. E soprattutto se questi collateral riguardano la moda giovane.
E’ innegabile che con l’ultima edizione si sia inaugurato un percorso di contaminazione e dire imescolamento dei confini tra alta moda e bassa moda.
Con Fashion on Paper, nata da una brillante intuizione di Maria Luisa Frisa, abile esploratrice di territori di confine tra generi e tracciati estremi, è spirata una ventata d’aria nuova nel mondo della alta moda romana. A questa iniziativa di incontro tra alta couture e bassa cultura, dove il bubble-up editoriale ha spito la indie fashion press a diventare protagonista o almeno reginetta dell’ultima edizione, faceva da contraltare quella che mi è parsa come una novità, ossia la prima occasione di dibattito sulla moda prodotta da Alta Roma. Un talk-show, un contenitore di tavole rotonde “dove la moda diventava un pretesto per parlare di arte, di stampa, di mostre con personaggi autentici”. Si parlare, perché di moda si parla troppo poco. Ma oltre a parlarne, bisognerebbe analizzarla e studiarla. Ma per parlare a
chi? Probabilmente ai giovani studenti delle discipline della moda, quei giovani, non solo fashion designer, cui il presidente Nicoletta Fiorucci ha sempre dichiarato di voler dedicare attenzione.
A Roma sta crescendo la popolazione studentesca interessata agli studi sulla moda. Sono attualmente oltre duemila i giovani studenti di fashion disciplines, come emerge da un ricognizione dell’Accademia di Costume e di Moda dove abbiamo computato gli iscritti di Accademie e Istituti di fashion design, allievi di master moda e discipline collegate, studenti di corsi di laurea ad hoc e quelli di facoltà dove sono stati inseriti insegnamenti sulla moda. Ma sono molti più di duemila se si considerano anche i giovani
diplomati, laureati e masterizzati negli ultimi anni e che continuano a essere naturalmente sempre interessati all’approfondimento degli studi sulla moda. Ma in tutte le istituzioni di studio sulla moda della capitale, a prescindere dallo specifico del percorso formativo, così come in questi dibattiti a corredo di Fashion on Paper, quello che manca è il momento di incontro con il mondo aziendale, con le imprese che la moda la fanno. E i cui uomini potrebbero spiegare ai giovani allievi di moda come colmare il divario tra il dire e il fare.
Certo la moda è atmosfera, sogno, comunicazione ma soprattutto è industria, ricerca, innovazione, strategia. Un mondo tutto proteso in avanti cui Alta Roma potrebbe dedicare uno sguardo non solo cosmetico.
scritto da:
Alessandro Giancola

Sunday, March 1, 2009

GOD KNOWS WHAT CHALAYAN COULD HAVE DONE FOR FEDERICO FELLINI!


Nel 1967 il grande costumista Piero Tosi realizza gli abiti per la sfilata di moda del film “Toby Dammit” di Federico Fellini in “Tre passi nel delirio”.
Il cinema libero e visionario arriva prima della moda a usare l’abbigliamento dei cosmonauti, la plastica e le paillettes per disegnare il fashion spaziale della fine degli anni ‘60.
Piero Tosi un genio ma che grazie alla superba capacità artigianale delle Sartoria Annamode, delle Sorelle Allegri, riesce a comporre una sfilata per cui lo stesso Fellini si alzò in piedi dicendo Magnifica!
Le Sorelle Allegri riuscirono a cucire la plastica mettendoci dentro la carta sperimentavano come fanno ancora a Roma.
Quanto ci piacerebbe portare Chalayan in quella sartoria ai piedi dei Musei Vaticani!
In 1976 Piero Tosi, the great costume designer, realized dresses for the “Toby Dammit” fashion show directed by Federico Fellini in “Three steps in delirium”.

The unfettered and visionary cinema anticipated fashion in using astronautical clothes, plastic materials and paillettes as instruments to design the space fashion at the end of the ’60.
Piero Tosi was a genius and with the help of the skilled Annamode fashion house, owned by the Allegri sisters, was able to create such a great fashion show that Fellini had to stand up and say out loud: “Magnificent!”
The Allegri sisters experimented different sewing methods and were able to sew plastic materials with paper inside.
How great would it be to take Chalayan in that fashion house at the foot of the Vatican Museums!




Tuesday, February 17, 2009

DIOR: HAUTE COUTURE SPRING/SUMMER 2009




Il etait une fois...Once upon a time...C'era una volta: come dire l'abito della principessa della favola. Galliano come Grimm o Andersen racconta una favola bellissima. Come un grande scrittore attinge alla cultura, alle belle cose conosciute e viste, a Velasquez e a Vermeer...Come pochi sanno fare con tanta disinvolta e sfrontata creatività.
Il etait une fois...Once upon a time: as to say the princess’ fairytale dress. Galliano tells as us a wonderful tale like Grimm or Andersen were able to do.
Like a magnificent writer he gets inspiration from culture, from beautiful and well-known things, from Velasquez and Vermeer. Not many can do it with so much spontaneity and ambitious creativity.

Wednesday, February 11, 2009

NO FASHION WITHOUT COSTUME NOR COSTUME WITHOUT FASHION










































































Final Work 2009 Accademia di Costume e di Moda settimana dell'alta moda a Roma Judit Laiter, Gloria Carcangiu. Scene di studio all’Accademia di Costume e di Moda: Andrea Viotti coordinatore dei corsi di Costume dell’Accademia insegna il mestiere del costumista, dal bozzetto, al modello su carta, al manichino.
Scene di lavorazione all’interno della Sartoria Farani: Benito Trichei taglia un costume vero, altre mani cuciono, gli stessi artigiani hanno lavorato per Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Franco Zeffirelli, David Lynch e molti altri.
Final Work 2009 the Costume and Fashion Academy the week of the haute couture in Rome Judit Laiter, Gloria Carcangiu. Some images show students of the Costume and Fashion Academy at work: Andrea Viotti, the costume courses coordinator of the Academy, teaches how to become a costume designer, starting from sketching, to drawing models on paper and working on dressmaker’s dummies.
Other pictures show professionals at work in the Farani fashion house: Benito Trichei is cutting a costume, some other’s people hands are sewing; these tailors and dressmakers had worked for Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Franco Zeffirelli, David Lynch and a lot more.

scritto da: Clara Tosi Pamphili

Sunday, February 8, 2009

THE ROMAN FASHION IMAGE CHANGES AS A CONSEQUENCE OF THE ARTISTIC EXPRESSION CULTURE AND THE COMMUNICATION OF THE EVENT




Finalmente anche a Roma la moda internazionale, quella più autentica e spontanea, quella che parla linguaggi diversi e che riesce ad attingere a campi trasversali.
La settimana dell’AltaModa romana, diciamolo chiaramente, non viene riportata neanche dai calendari degli appuntamenti di settore internazionale; ogni anno si spera nell’apparizione di qualche nome, poi quando arriva a sfilare,come nel caso Gucci, evita con cura di farsi inserire nel programma.
Difficile rispondere a chi vorrebbe archiviare questa storia, a chi cerca di sferrare un colpo di grazia, come la Camera della Moda, a Roma spostando anche l’alta moda a Milano, agli stilisti come Giorgio Armani che una volta apprezzavano la Scalinata di Trinità dei Monti o Piazza Navona.
C’è voluto un anno al presidente di AltaRoma, Nicoletta Fiorucci, e al suo staff per mettere in atto una strategia a dir poco, culturalmente vincente.
Individuare un settore ancora “libero” e sostenerlo nel modo più elegante possibile, aprirlo al pubblico, tutto il pubblico, affidarlo a professionisti dandogli un’immagine che, fino ad ora, avremmo definito così poco romana!
Fashion on paper è stato un evento che ha dato la possibilità di vedere a Roma personaggi come Scott Schumann, l’inventore di The Sartorialist o Diane Pernet, icona del giornalismo fashion. Esperti studiosi che con i loro blog hanno contribuito alla diffusione di informazioni sulla moda contemporanea, rompendo qualsiasi limite geografico secondo lo spirito dell’out of map, dei viaggiatori fuori pista che tracciano nuovi percorsi.
Intorno all’altare che era l’allestimento dedicato a Diane Vreeland, religiosamente visitato da esperti, studenti, turisti e ogni altra tipologia di
pubblico, che guardava le riviste e le immagini, esposte senza alcuna protezione, con delicata attenzione (perché è vero che il bello educa al bello!) una serie di postazioni fisse con fashion magazine, free press e blog di altissimo livello.
Ogni giorno, dal 29 gennaio al 3 febbraio, con una serie di dibattiti dove la moda diventava un pretesto per parlare di arte, di stampa, di mostre con personaggi autentici come artisti, curatori, presidenti di Fondazioni.
Tutto questo in uno dei posti più belli di Roma, il Tempio di Adriano di Piazza di Pietra.
La sensazione è che si sia aperta un’altra strada appunto, che forse verranno di nuovo anche le sfilate sui monumenti di Armani o Versace ma che non porteranno nulla di più di quello che può aprirsi su quest’altro orizzonte.
Se guardiamo la rassegna stampa di questa edizione romana ci accorgiamo di essere finiti in luoghi dove non saremmo mai finiti con le nostre sfilate.
Il merito di chi è? Di Nicoletta Fiorucci, fortunatamente lontana dal mondo della moda romana (abbiamo ringraziato il cielo più volte che fosse un’esperta imprenditrice alimentare) che ha visto il quadro con la giusta distanza da individuarne pregi e difetti. Di Maria Luisa Frisa, detestata dalle sfaccendate esperte e giornaliste romane che hanno visto la consulente nordica riuscire in un’operazione da loro lontanamente sfiorata con eventi casarecci sulla moda fin qui proposti. Della Provincia e del Comune di Roma che ha sostenuto con fiducia, anche economica, tutta l’operazione decidendo di coprire i buchi di bilancio dell’amministrazione precedente.
Ci è piaciuto molto anche il coinvolgimento di Villa Medici, la ripresa di un legame con Parigi che si basa su affinità artistiche, gli elogi di Pascal Gautrand a Roma come luogo unico di cultura sartoriale tanto importante da diventare un’opera d’arte come documento dei luoghi di produzione delle camicie.
Non vorremmo negare il sostegno che è stato richiesto, in ogni modo, dalle case di moda romane. Ci dispiace però sentire la scarsa considerazione di nomi storici nei confronti di quei giovani che, oramai, li hanno già soppiantati da anni! Tutto il rispetto per gli anziani ma anche l’incomprensione per chi non riesce a delegare, a seminare per far ricrescere. Basterebbe che ognuno di questi personaggi offrisse ad un degno giovane la propria ricchezza, che lo affiancasse senza approfittarne, per far succedere quello che è successo a marchi come Pucci o Vionnet. Ma sappiamo che sono decisioni prese dai CEO, da figure imprenditoriali che nelle nostre case di moda ancora così artigianali, non esistono.
Come si fa a pensare di competere con Parigi dove nelle sfilate si investono milioni di euro, dove la moda è cinema e spettacolo se non lasciamo spazio all’espressione contemporanea. Sono felliniane le sfilate romane, ai limiti del grottesco: il pubblico è vecchio mal vestito, le giornaliste annoiate, le attricette volgari, i politici e gli amici dei politici, il solito principe onnipresente! Una Festa de noantri fashion senza porchetta.
Nell’attesa che nomi come Giambattista Valli, Frida Giannini lo stesso Valentino, ma anche quel visionario di Galliano vengano a Roma, perché Roma è colta e fa tendenza con operazioni come Fashion on Paper e tutto quello che è cultura della moda, ci auguriamo che il lavoro continui senza risentire di avvicendamenti burocratici e politici.
At last the international fashion takes place in Rome too, the authentic and spontaneous fashion, the one that speaks multiple languages and is able to attain information from transversal fields.
Let’s be honest and say that the roman week of the haute couture has not been mentioned in the meetings calendars of the international fashion industry; every year we hope that there will be somebody that would show up, but as usual, as they come to be on show, as Gucci did, they carefully avoid to be included in the programme.
It seems to be very difficult to give any answer to those who would like to place all these historical events in the archives and then live them behind; to those who would like to give to the city of Rome a death blow, like the Fashion Chamber did, moving the haute couture from the capital to Milan; to those like Giorgio Armani that once upon a time valued the Spanish Steps or the Navona Square.
It took the president of AltaRoma, Nicoletta Fiorucci, and her staff one year to put a number of cultural winning strategies into effect. Identify a still “bond-free” sector and give support to it in the most elegant way in order to offer it to the widest audience, then entrust professionals with the task of taking care of it. All this was able to create a new image of the roman fashion, something so unexpected until now!
Fashion on Paper was an event that gave us the opportunity to see in Rome personalities as big as Scott Schumann, the creator of The Sartorialist or Diane Pernet, a fashion journalism icon. Expert scholars have very much contributed with their blogs to the spread of information on contemporary fashion. They have broken all geographic boundaries in line with the out-of-map spirit, comparable to out-track travellers able to trace out new routes.
A number of permanent stands with fashion magazines, free press and high quality blogs surrounded an altar, a stage dedicated to Diane Vreeland. This has been religiously visited by experts, students, tourists and all sort of visitors. The altar was facing magazines and many images all shown with no protection but very carefully displayed because the truth is that beauty can teach beauty.
All this has happened every day, from the 29th of January till the 3rd of February. A number of debates were taking place and fashion was a good excuse to start taking about art, press and expositions. Authentic personalities as art designers, editors, presidents of foundations were having their chat in one of the most beautiful place in Rome, the Temple of Adrian in Piazza di Pietra.
These latest events have opened a new road and will probably make personalities such as Armani or Versace go on show in Rome’s monuments once again, but the feeling is that, if this happens, it will not bring more than what the new horizon is able to potentially produce.
If we give a look to the press review of this roman edition we quickly realize that we have reached something that we would have never reached with our own fashion shows. Who should take the credit for this? Nicoletta Fiorucci should, who has fortunately nothing to do with the roman fashion world (many times we have thanked God for her to be a goods industry expert) and who was able to put things into picture and spot out merits and lacks from a right distance. Maria Luisa Frisa should also take the credit for this. She is very much disliked by layabout roman experts and journalists who have seen the north Italian consultant succeeding in making work operations which they were them selves only far to touch with homespun fashion events that were given until now. To the district and municipality of Rome should also go our thanks for having given trust and having financially supported all the operation, for having decided to cover all financial lacks coming from the previous administration.
We also liked very much and appreciate the participation of Villa Medici, a resumption of a relationship with the city of Paris, which is based on artistic affinities. Pascal Gautrand has praised Rome for being a unique place of sartorial culture: the city is a piece of art, an evidence of all shirt production areas. Roman fashion houses have been asked for help and that shouldn’t be denied. We are just sorry for the very poor consideration that big and historical names have given to those young designers that already have superseded them. All respect should be paid to the seniors but incomprehension also goes to those who are not able to delegate, to sow in order to mow. Just one little thing each of them should do: offer to one worthy young his own richness, his own knowledge, giving him his help without taking advantages of him, so that something like in the case of Pucci or Vionnet could happen. But we also know that these are decisions made by the CEO, entrepreneurial figures that in our still so handcrafted fashion houses do not yet exist.
How can we even think to compete against Paris were millions of euros are invested, were fashion is cinema and big show, if we don’t give some room to the new contemporary expressions. The fashion shows in Rome resembles the Fellini’s scenes, so close to be grotesque: the audience is old and so poorly dressed, the journalists are bored, the actresses so common and full of vulgarity, and then politics and their friends and the prince that always turns up! A Noantri feast, a traditional roman feast, but with no roasted pork.
Waiting for personalities as Giambattista Valli, Frida Giannini, Valentino, or even the visionary Galliano to come to Rome, we wish that the work would go on without suffering from politic and bureaucratic obstacles, because Rome is a cultural and trend dragging city with events like Fashion on Paper and all that has to do with fashion culture.

scritto da: Clara Tosi Pamphili