Wednesday, March 18, 2009

ARCHIVI DELLA MODA




























































La moda non è solo glamour, effimero, lusso, ma un grande patrimonio del nostro Made in Italy che rappresenta storia, cultura ed eccellenza artigiana. 

L’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) insieme alla Direzione Generale per i Beni Librari e la Direzione Generale per l’Organizzazione e l’Innovazione del Ministero dei Beni Culturali, considerata l’importanza della moda come  sistema culturale con il suo patrimonio storico e sociologico, sta creando una rete di addetti ai lavori che possano fornire informazioni per censire tutti quei luoghi: botteghe artigiane, laboratori, sartorie di moda e sartorie cineteatrali, che hanno contribuito nel tempo all’affermazione di quella eccellenza artigiana italiana nel mondo che oggi è chiamato Made in Italy.

Ognuna di queste realtà, più precisamente quelle che sono riuscite con grande sforzo a conservare nel tempo e a proprie spese il proprio patrimonio, potrà  dare testimonianza del valore storico, economico e sociologico della moda. L’intento è quello di censire, catalogare, archiviare, avviare il loro recupero e valorizzazione, raccogliendo i dati in un grande contenitore che ha preso il nome di “ARCHIVI DELLA MODA DEL ‘900”, di tutte le meraviglie che sono state conservate in questi anni in magazzini, laboratori, sartorie.

Questo ci sembra un obiettivo eccellente, ma l’applicazione sarà certamente più complicata. Gli immensi spazi dove sono custoditi centinaia e migliaia di abiti, costumi e oggetti accumulati in anni di lavoro, ricerca e studio sono al momento affidati alla memoria storica dei loro custodi che per anni hanno spostato, curato e catalogato nella loro memoria ogni singolo pezzo con i suoi aneddoti e la sua storia. Ognuno di loro sa perfettamente dove si trova, chi lo ha disegnato, come si indossa, da quali pezzi è composto, per quali opere o film è stato utilizzato e da chi è stato indossato ogni abito, costume o accessorio; difficilmente senza l’apporto fondamentale di questi testimoni, persone seppur preparatissime nell’archiviazione di beni importanti, potranno riuscire in questa impresa.






































scritto da: Maria di Napoli Rampolla



Thursday, March 12, 2009

STUDIARE LA MODA? SI, MA ANCHE CON GLI UOMINI D'AZIENDA

E’ certo difficile gestire la settimana dell’alta moda romana aspettando che tornino i grandi nomi e che rinasca l’epoca d’oro della couture capitolina.
Ma gli anni d’oro sono stati i Cinquanta e i Sessanta, già nei Settanta cominciava a delinearsi il tramonto della alta moda romana. E il tempo è andato e non torna, almeno per ora.
Dal momento che i nomi di chi sfila sono sempre gli stessi per l’impossibilità di bombardare il calendario con griffe altisonanti, è spostando l’attenzione sui collateral, e ideandone di innovativi, che la
presidenza Fiorucci può dare valore aggiunto a una manifestazione dal format ormai consolidato. E soprattutto se questi collateral riguardano la moda giovane.
E’ innegabile che con l’ultima edizione si sia inaugurato un percorso di contaminazione e dire imescolamento dei confini tra alta moda e bassa moda.
Con Fashion on Paper, nata da una brillante intuizione di Maria Luisa Frisa, abile esploratrice di territori di confine tra generi e tracciati estremi, è spirata una ventata d’aria nuova nel mondo della alta moda romana. A questa iniziativa di incontro tra alta couture e bassa cultura, dove il bubble-up editoriale ha spito la indie fashion press a diventare protagonista o almeno reginetta dell’ultima edizione, faceva da contraltare quella che mi è parsa come una novità, ossia la prima occasione di dibattito sulla moda prodotta da Alta Roma. Un talk-show, un contenitore di tavole rotonde “dove la moda diventava un pretesto per parlare di arte, di stampa, di mostre con personaggi autentici”. Si parlare, perché di moda si parla troppo poco. Ma oltre a parlarne, bisognerebbe analizzarla e studiarla. Ma per parlare a
chi? Probabilmente ai giovani studenti delle discipline della moda, quei giovani, non solo fashion designer, cui il presidente Nicoletta Fiorucci ha sempre dichiarato di voler dedicare attenzione.
A Roma sta crescendo la popolazione studentesca interessata agli studi sulla moda. Sono attualmente oltre duemila i giovani studenti di fashion disciplines, come emerge da un ricognizione dell’Accademia di Costume e di Moda dove abbiamo computato gli iscritti di Accademie e Istituti di fashion design, allievi di master moda e discipline collegate, studenti di corsi di laurea ad hoc e quelli di facoltà dove sono stati inseriti insegnamenti sulla moda. Ma sono molti più di duemila se si considerano anche i giovani
diplomati, laureati e masterizzati negli ultimi anni e che continuano a essere naturalmente sempre interessati all’approfondimento degli studi sulla moda. Ma in tutte le istituzioni di studio sulla moda della capitale, a prescindere dallo specifico del percorso formativo, così come in questi dibattiti a corredo di Fashion on Paper, quello che manca è il momento di incontro con il mondo aziendale, con le imprese che la moda la fanno. E i cui uomini potrebbero spiegare ai giovani allievi di moda come colmare il divario tra il dire e il fare.
Certo la moda è atmosfera, sogno, comunicazione ma soprattutto è industria, ricerca, innovazione, strategia. Un mondo tutto proteso in avanti cui Alta Roma potrebbe dedicare uno sguardo non solo cosmetico.
scritto da:
Alessandro Giancola

Sunday, March 1, 2009

GOD KNOWS WHAT CHALAYAN COULD HAVE DONE FOR FEDERICO FELLINI!


Nel 1967 il grande costumista Piero Tosi realizza gli abiti per la sfilata di moda del film “Toby Dammit” di Federico Fellini in “Tre passi nel delirio”.
Il cinema libero e visionario arriva prima della moda a usare l’abbigliamento dei cosmonauti, la plastica e le paillettes per disegnare il fashion spaziale della fine degli anni ‘60.
Piero Tosi un genio ma che grazie alla superba capacità artigianale delle Sartoria Annamode, delle Sorelle Allegri, riesce a comporre una sfilata per cui lo stesso Fellini si alzò in piedi dicendo Magnifica!
Le Sorelle Allegri riuscirono a cucire la plastica mettendoci dentro la carta sperimentavano come fanno ancora a Roma.
Quanto ci piacerebbe portare Chalayan in quella sartoria ai piedi dei Musei Vaticani!
In 1976 Piero Tosi, the great costume designer, realized dresses for the “Toby Dammit” fashion show directed by Federico Fellini in “Three steps in delirium”.

The unfettered and visionary cinema anticipated fashion in using astronautical clothes, plastic materials and paillettes as instruments to design the space fashion at the end of the ’60.
Piero Tosi was a genius and with the help of the skilled Annamode fashion house, owned by the Allegri sisters, was able to create such a great fashion show that Fellini had to stand up and say out loud: “Magnificent!”
The Allegri sisters experimented different sewing methods and were able to sew plastic materials with paper inside.
How great would it be to take Chalayan in that fashion house at the foot of the Vatican Museums!